Grazie, Fabio
Al termine di queste elezioni europee, voglio, con queste poche righe, ringraziare pubblicamente Fabio Pizzul per la bella campagna elettorale che ha condotti in queste settimane. Impegno che da subito si è rivelato complicato, non scontato, ma che ha permesso, grazie alla dedizione di Fabio, di allargare la platea delle persone che hanno votato il Partito democratico. Ci ritroviamo ora con una rete di contatti inediti con i mondi dell’associazionismo, del terzo settore, e con persone che non sono mai state avvicinate dalla politica. Molte sono le preferenze che ha ottenuto, più di 42mila, purtroppo, non sono state sufficienti a consentirgli di entrare in Consiglio europeo. Rimane la bontà di quanto svolto e la necessità di ringraziare chi si mette in gioco con generosità per il bene comune. Una cosa questa da non dare mai per scontata.
Primo: recuperare gli astensionisti
Le elezioni europee hanno messo in risalto un fatto ben preciso: almeno due partiti hanno ottenuto un buon risultato. Fratelli d’Italia e il Partito Democratico sono riusciti a capitalizzare in termini di percentuale dei buoni voti e il Pd ha migliorato anche dal punto di vista numerico, cosa che non succedeva dalle europee ai tempi di Matteo Renzi.
Tuttavia non possiamo ignorare che il vero dato emergente è la crescente astensione che ha caratterizzato questa tornata elettorale. Riflettere su questa tendenza sta diventando prioritario. Personalmente ritengo che il nostro partito debba vincere la tentazione di tornare indietro pensando di caratterizzare il Pd come forte partito identitario. Piuttosto credo sia necessario tornare al progetto originario, quello, cioè, di un partito inclusivo che aveva tenuto insieme diverse anime facendole sentire parte di un progetto unitario. Questo può permettere di recuperare quegli elettori che hanno deciso di stare a casa, perché smarriti rispetto ad alcune posizioni in cui spesso è difficile riconoscersi. Forse oggi ci serve un passaggio di questo tipo per tornare a contare come un tempo.
Autonomia “spacca Italia”
Con 172 sì, 99 no e un astenuto, la Camera ha dato il via libera definitivo al disegno di legge sulle disposizioni per l’attuazione dell’Autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione. Il provvedimento era stato già approvato dal Senato. Come Gruppo del Pd siamo stati e continuiamo a essere contrari a questo provvedimento anche per il metodo: non si è ritenuto di coinvolgere o anche solo ascoltare le opposizioni. La nostra contrarietà nasce in alcuni punti precisi: primo, il ruolo del Parlamento, perché con questo provvedimento si continua a mortificare e delegittimare la funzione legislativa, dato che le assemblee legislative vengono relegate e mere spettatrici delle future intese tra Governo e Regioni.
Il secondo aspetto critico riguarda i Livelli essenziali di prestazioni, che di fatto non sono stati definiti, non essendoci stata la distinzione tra le materie.
Un terzo e grave sbaglio, poi, è stato quello di intervenire utilizzando non un atto di rango costituzionale, ma lo strumento della legge ordinaria, che potrà sempre essere modificata o abrogata da qualunque altra norma successiva. Un quarto e decisivo punto è il crearsi di una sorta di “regionalismo competitivo e asimmetrico”, con l’enorme ampiezza quantitativa e qualitativa delle materie oggetto di autonomia differenziata. La quinta critica ha a che fare con l’accentramento nell’esecutivo delle funzioni legislative: tutti i poteri decisionali sono accentrati negli esecutivi nazionali e regionali, marginalizzando i cittadini ed esautorando di fatto ogni funzione delle rispettive assemblee legislative, sia regionali che nazionali.
Altro punto nodale, il sesto, è che la Sanità rischia di essere più diseguale di quanto già non sia oggi. Settimo punto estremamente critico: anche l’istruzione, costituzionalmente competenza esclusiva dello Stato, rischia di essere parcellizzata. Infine, l’ottava forte perplessità: l’incongruenza finanziaria di un provvedimento che si dichiara privo di costi per le finanze dello Stato: una invariabilità di spesa che accrescerà i divari territoriali.
Agricoltura, la Cenerentola della Lombardia
A fronte di danni stimati da Coldiretti per 6 milioni di euro, Regione Lombardia sarà in grado di predisporre solo 1,9 milioni per l’anno corrente a favore degli agricoltori danneggiati dalla fauna selvatica, rimborsando perciò solo il 77% dei danni periziati. Lo ha detto l’assessore regionale all’agricoltura rispondendo a una interrogazione del Gruppo regionale del Pd, dimostrando che c’è un abisso tra il supporto della Giunta Fontana e la realtà di chi lavora la terra ogni giorno. Quindi ora non si capisce chi si occuperà di quel 23% di agricoltori che rimangono scoperti.
Di fatto, la risposta dell’assessore conferma un quadro allarmante già denunciato dagli agricoltori e dagli allevatori e non rassicura sui tempi di erogazione dei rimborsi e soprattutto sulla loro congruità. I ristori devono arrivare in fretta e soprattutto devono rispecchiare il valore reale di quanto perso.
Nel frattempo, anche sotto il Pirellone, sede del consiglio regionale, gli agricoltori lombardi di Coldiretti si sono riuniti in presidio per protestare contro il proliferare dei selvatici in Lombardia. Una protesta che certifica il fallimento della destra che governa la Lombardia anche sulle politiche agricole, perché evidentemente non ha dato le giuste tutele al settore.
La Giunta è ferma sugli indennizzi, sta rallentando l’iter sulla sospensione dei mutui, è in colpevole ritardo sulle azioni di tutela delle aree agricole e ha completamente fallito sul tema della peste suina africana.