Maternità surrogata, prima i bambini
Questa settimana, alla Camera, abbiamo approvato una mozione su un tema delicato, ovvero le iniziative, in ambito nazionale e sovranazionale, per il contrasto di tutte le forme di surrogazione di maternità. Vi ricordo che con questa terminologia, altrimenti detta “gestazione per altri” o GPA, come la definisce la Corte europea dei diritti umani, si intende una pratica fondata sulla disponibilità di una donna a portare a termine la gravidanza per realizzare un progetto di genitorialità altrui. La pratica è vietata in Svezia, Norvegia, Finlandia, Germania, Austria, Francia, Spagna, Portogallo e consentita, se gratuita e con un articolato livello di restrizioni, in Canada, Inghilterra, Belgio, Paesi Bassi, Danimarca, Australia e alcuni Stati Usa e dell’est Europa come Armenia, Georgia, Ungheria, Bielorussia, Ucraina e Russia, ammessa in Asia India, Nepal, Thailandia, Hong Kong e in Sudafrica. In Grecia &egr ave; consentita in forma gratuita e previa autorizzazione di un tribunale.
Relazioni recenti hanno mostrato un incremento diffuso di questa pratica, documentando il flusso della domanda verso i Paesi che ne consentono l’attuazione a condizioni economiche e giuridiche più vantaggiose. Ricerche che hanno evidenziato anche l’inserimento della maternità surrogata in un sistema di produzione gestito da agenzie di intermediazione, in cui il processo della gestazione e il neonato sono oggetto di sfruttamento.
Per quanto riguarda l’Italia, il Comitato nazionale di bioetica, il 18 marzo 2016, ha approvato una mozione sulla maternità surrogata a titolo oneroso, in cui si afferma che la commercializzazione e lo sfruttamento del corpo della donna nelle sue capacità riproduttive sotto qualsiasi forma di pagamento sia in contrasto con i principi bioetici fondamentali e ha rimandato ad una successiva trattazione l’argomento della surrogazione di maternità senza corrispettivo economico.
Inoltre, la Corte costituzionale definisce la scelta di diventare genitori e di formare una famiglia che abbia anche dei figli come espressione della fondamentale e generale libertà di autodeterminarsi, libertà riconducibile agli articoli 2, 3 e 31 della Costituzione: conseguentemente le limitazioni di questa libertà sono ragionevolmente giustificate dalla impossibilità di tutelare altrimenti interessi di pari rango. La riforma della normativa sulle adozioni appare, dunque, sempre più urgente e necessaria al fine di superare i meccanismi farraginosi che la rendono spesso poco accessibile.
La mozione impegna, perciò, il Governo, a fronte del divieto della maternità surrogata, ad avviare un confronto sulla base della risoluzione del Parlamento europeo sulla relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo e sulla politica dell’Unione europea in materia. Inoltre, ad attivarsi nelle forme e nelle sedi opportune, per il pieno rispetto, da parte dei Paesi che ne sono firmatari, delle convenzioni internazionali per la protezione dei diritti umani e del bambino e a promuovere a livello nazionale e internazionale, iniziative che conducano al riconoscimento del diritto dei bambini alla identità personale e alla loro tutela, indipendentemente dalla modalità con cui sono venuti al mondo. Infine, ad attivarsi per completare il recepimento della Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica.
Schwazer un campione. Ma quella maglia…
Alex Schwazer è un campione. Su questo non c’era e non c’è dubbio. Alla Coppa del mondo di marcia di Roma non ha praticamente mai abbandonato la testa della corsa. Un atleta forte, dunque, che ha sbagliato e, nella capitale, è rientrato per la prima volta in gara dopo la squalifica per doping, dimostrando che è il migliore anche senza “aiuti”.
Quindi, il progetto di recuperare l’altoatesino allo sport pulito si è rivelato ottimo. Ogni iniziativa volta a reinserire le persone che hanno sbagliato, nella vita come nello sport, troverà sempre il mio appoggio.
Ma c’è un “ma”: da sportivo mi lascia l’amaro in bocca il fatto che Schwazer sia stato convocato in Nazionale e abbia vestito la maglia azzurra.
Avevo già detto in settimana che nessun regolamento o norma impedisce a un atleta che ha subito una squalifica di ricominciare a gareggiare anche con la maglia azzurra, una volta terminato lo stop. È anche giusto affermare che Alex Schwazer è uno dei pochissimi che ha ammesso l’uso del doping senza nascondersi dietro a improbabili giustificazioni e ha intrapreso un percorso di pulizia, cosa che tantissimi altri non hanno mai fatto. Di questo va dato atto. Mentre in altri casi mi sono espresso in modo netto contro il rientro in nazionale di campioni dopati, in questo caso proprio il fatto che ha ammesso la propria colpa e la netta volontà di fare un nuovo corso pulito da farmaci rende giustificato il suo rientro in nazionale.
Non posso che ripetere un ennesimo invito alla grande opera di prevenzione che serve per ripulire lo sport italiano dalla piaga del doping ed evitare il ripetersi di simili situazioni. Bisogna essere più severi con la certezza di controlli antidoping fatti bene, piuttosto che nella fase successiva.
Paolo Cova