Questo presidente s’ha da fare
Nelle righe che seguono vi propongo una personale riflessione politica volta a spiegare cosa è successo giovedì, primo giorno di voto per il nuovo Presidente della Repubblica, in Aula. Mi rendo conto che non è facile, visto anche il clima molto acceso di questi giorni intorno alla questione
Stando alla regola stretta, come avevo già spiegato nella scorsa newsletter, la Costituzione prevede che nelle prime 3 votazioni si cerchi una candidatura il più possibile condivisa dalla maggior parte dei parlamentari. Pierluigi Bersani si è adoperato per questo: ha cioè cercato una soluzione condivisa da un numero alto di parlamentari ma con il rifiuto di M5S L’intento era anche quello di evitare che venisse detto che il centrosinistra voleva occupare tutti i posti.
L’andamento e il risultato della votazione sono serviti a dimostrare a Berlusconi e al Paese che non è possibile un nome condiviso scelto in questo modo, ma serve altro e soprattutto un metodo diverso. Come è stato più volte ribadito nel Gruppo Pd, se non si riusciva a trovare un nome largamente condiviso, si sarebbe votato in base alla regola della maggioranza degli elettori.
Cosa è successo poi nelle altre votazioni
Ecco, allora, alcune mie considerazioni sulla “vicenda” che ha interessato Romano Prodi nella quarta votazione per il Presidente della Repubblica.
Venerdì mattina il gruppo dei parlamentari PD, riunito in assemblea, ha approvato all’unanimità di votare Romano Prodi alla quarta votazione. Oltre all’acclamazione seguita alla sua proposta di candidatura, è stato richiesto di votare e la votazione ha dato esito positivo all’unanimità.
Registro che 101 parlamentari del PD non hanno avuto il coraggio di manifestare la propria contrarietà a questa candidatura in quella sede, esprimendola, invece, al momento del voto. Di ciò sono molto rammaricato.
Rammaricato per il Partito, per chi tra gli eletti fa coscienziosamente il proprio dovere e vive la politica come “passione” per il bene comune. Rammaricato, soprattutto, perché questa posizione insensata ha vanificato il lavoro svolto da milioni di volontari, iscritti e simpatizzanti, che hanno speso e spendono, ogni giorno, il proprio tempo ed energie in modo gratuito per il PD e per il bene del nostro Paese.
Sabato pomeriggio abbiamo votato ed eletto Giorgio Napolitano Presidente della Repubblica. Ritengo che questo passaggio abbia indicato una continuità istituzionale in un momento dove nessuna coalizione o forza politica riesce a garantirla nei due rami del parlamento.
Ma la cava nel bosco no
Mentre a Roma si fa l’Italia, in Lombardia si rischia di veder disfare un’oasi del Wwf. L’ampliamento della cava Bellasio, in prossimità del bosco di Vanzago, rischia di mettere a repentaglio l’integrità dell’area, nonostante il no deciso all’intervento del territorio su cui l’area insiste. Tutte questioni che ora approdano sul tavolo del Ministro dell’Ambiente Corrado Clini, grazie a un’interrogazione presentata da me e sottoscritta anche dal collega Vinicio Peluffo.
Nel documento chiedo di sapere “quali provvedimenti intende adottare il Ministero dell’Ambiente, che è il garante dell’integrità dei siti di Natura 2000 come quello di Vanzago nei confronti dell’Unione Europea, affinché Regione Lombardia predisponga lo ‘studio di incidenza’, quell’elemento in più, cioè, che serve a prevenire eventuali danni alla fonte e a stabilire se un intervento come l’ampliamento della cava sia compatibile con l’habitat dell’oasi e del bosco Wwf”. Dunque, “bisogna verificare se si tratta di cosiddetti habitat di specie, considerate le varie funzioni biologiche (migrazione, spostamento trofico, corteggiamento, fuga, volo territoriale, sosta, ecc.), e dunque siano sottoposti dal legislatore comunitario a una rigorosa tutela”.
Il mio obiettivo è stringere il cerchio attorno alle responsabilità degli enti locali lombardi, in primis la Regione, affinché l’oasi e le sue fauna e flora siano tutelate fino in fondo e nel nome della legge. Nell’interrogazione ho riassunto la storia di questa vicenda, a partire dall’approvazione del Piano cave della Provincia di Milano, fino a oggi, con Regione Lombardia che non ha ancora avviato alcuna procedura prevista dalla normativa vigente: né la valutazione ambientale strategica, né, tanto meno, la valutazione di incidenza.
Ricordo che sull’area insiste anche il comune di Pogliano Milanese che ha appena approvato il Piano di governo del territorio. Una cava e un nuovo Pgt temo che comportino qualche rischio per l’integrità del bosco, che, qualche mese fa, è già stato oggetto di spiacevoli episodi: l’incendio, la sparizione di alcuni animali, le minacce ai responsabili dell’area.
Agricoltura in pista
Questa settimana è iniziato il lavoro dei membri del Gruppo parlamentare del Pd che sono in Commissione Agricoltura alla Camera. Tra questi, come avevo informato all’ultimo minuto nella scorsa newsletter, ci sono anche io. In tutto, siamo un gruppo di 14 persone che rappresenta l’intera Nazione e che ha esperienze e competenze diverse.
Nella prima seduta sono stati presentati i lavori svolti dalla Commissione nella scorsa legislatura per darci un’idea del punto in cui si era arrivati, e i progetti portati avanti dal Pd fino a pochi mesi fa. Ogni commissario ha segnalato le priorità derivanti dalle proprie competenze, dai propri territori e per tutto il sistema dell’agricoltura italiana.
Personalmente ho fatto presente che è necessaria un’attenzione al prezzo dei prodotti agricoli al produttore, alle ricadute della nuova Pac (la Politica agricola comunitaria) sui nostri agricoltori, al tema del benessere negli allevamenti e della salubrità dei prodotti, al Decreto Catania (quello che disciplina il commercio dei prodotti ortofrutticoli di quarta gamma, cioè la frutta e le verdure fresche preparate e confezionate in vaschette o in sacchetti di plastica e pronte per essere messe in tavola) e alle forme di burocrazia che bloccano le imprese agricole, alla normativa per gli impianti a biomasse e alle fonti energetiche alternative in agricoltura.