NEWS DAL PARLAMENTO 30 GIUGNO

Perché con gli F35 c’entra la pace

Questa settimana si è fatto un gran parlare della mozione sugli F35. Anche io ho espresso voto favorevole al documento della maggioranza e ho pure sollecitato l’inserimento, nel testo, di un passaggio che ritengo fondamentale: il secondo capoverso, quello che rende questa mozione assolutamente adeguata ai tempi che stiamo vivendo, recita: “L’articolo 52 della Costituzione, interpretato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 164 del 1985, riconosce il valore della difesa della Patria anche attraverso la prestazione di adeguati comportamenti di impegno sociale non armato”. Esiste, infatti, tutto un mondo di operatori impegnati in una forma di difesa civile che mette in atto quelle azioni di pacificazione che le forze armate non possono svolgere. In questo senso, l'associazionismo italiano ha sperimentato molteplici interventi civili di pace volti alla prevenzione e alla trasformazione dei conflitti attravers o azioni civili non armate e nonviolente. E non dimentichiamo che nel nostro Paese esiste anche il Servizio civile nazionale che ha questi stessi scopi.

Inoltre, a garanzia di un’azione non belligerante, ma, al contrario, volta al mantenimento della pace, è anche il passaggio della mozione che pone i fondamenti del nostro modello di difesa in quell’articolo 11 della Costituzione che ripudia la guerra come strumento di offesa. Il fatto che poi, dal 2012, sia il Parlamento ad avere il potere di decidere e valutare sulle scelte militari, cosa che non avveniva prima, e che questo sia chiaramente scritto nella mozione, non dà adito a dubbi: le scelte andranno ben ponderate e non solo sugli F35 ma su tutti i cinque sistemi di arma previsti dai vecchi governi.

Abbasso la corruzione

Nei mesi scorsi ho aderito alla campagna di Libera ‘Riparte il futuro’ con cui l’associazione chiede di rafforzare la legge anticorruzione. In questi giorni sono scaduti formalmente i 100 giorni entro i quali i parlamentari che come me avevano preso questo impegno – definiti “braccialetti bianchi” dal simbolo che indossiamo – si erano impegnati a cambiare l’art. 416 ter del Codice penale, quello che regola il voto di scambio politico mafioso.

Purtroppo non ce l’abbiamo ancora fatta, ma lo consideriamo solo un ritardo tecnico, imputabile agli ostacoli per l’insediamento del nuovo Governo dopo le elezioni, tuttavia la nostra volontà è quella di riuscire ad approvare la legge prima della chiusura estiva. Ce lo chiedono gli oltre 250mila cittadini che hanno aderito alla campagna, ce lo chiede la parte migliore di questo Paese, che vuole ripartire uscendo dal pantano della corruzione. La buona politica passa anche da qui, per ricostruire quel patto di fiducia che deve esistere tra cittadini e politica. Per questo continuo a essere fiero di aver aderito, assieme a tanti colleghi, a questa battaglia e indosso il braccialetto bianco ben consapevole del significato che esso rappresenta. Sono sicuro che, anche grazie alla pressione che stiamo esercitando come intergruppo dei braccialetti bianchi in Parlamento, riusciremo a portare a buon fine questa battaglia di civiltà in tempi brevissimi.

La scuola prima di tutto

Il Gruppo del Partito democratico alla Camera ha portato all’attenzione dell’Aula e fatto votare una mozione a sostegno della scuola, dell’università, della ricerca e della cultura. Tra i tanti temi che il documento pone all’attenzione del Governo (le infrastrutture ormai obsolete e da rivedere, l’autonomia scolastica vera, il potenziamento del tempo pieno e prolungato, il rilancio dell’istruzione tecnica e professionale, un piano pluriennale per l’immissione in ruolo del personale precario, un piano di innovazione digitale e di formazione del personale), il primo punto da cui è fondamentale partire sono gli investimenti: è necessario raggiungere la media dei Paesi Ocse.

Per noi del Pd il comparto della conoscenza costituisce un settore strategico e una priorità indifferibile. Su questi temi si gioca il futuro del nostro Paese e la sua possibilità di tornare a crescere.

Invece, negli ultimi anni i governi che si sono succeduti hanno umiliato e impoverito le istituzioni della conoscenza pubblica e della cultura attraverso la politica dei tagli lineari. Il nostro Paese ha, così, commesso un grave errore strategico ignorando come la risposta prevalente alla crisi nei Paesi più avanzati sia stata quella di investire sul sistema dell'istruzione, della ricerca e del patrimonio culturale. Per questo siamo convinti che occorra una netta inversione di tendenza. Dunque, non vogliamo semplicemente incoraggiare e sostenere l’azione del Governo, ma ci batteremo affinché questo settore diventi una priorità nelle scelte che verranno fatte.

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Ecco chi uscirà

Lo chiamano “svuota carceri”, ma è molto di più di una semplicistica definizione che, oltre tutto, all’opinione pubblica, di solito, piace poco. Il decreto sulle carceri è stato votato dal Consiglio dei Ministri ed è diventato realtà. L’obiettivo è liberare 10mila detenuti entro il 2016 a fronte di un’emergenza di 20-30mila unità. Nell’arco di un paio d’anni si avrà una diminuzione di 6mila detenuti. Ma voglio tranquillizzare chi mi legge: lo stesso Ministro Cancellieri ha escluso che i provvedimenti possano riguardare detenuti che hanno commesso gravi reati, ad esempio i maltrattamenti nei confronti dei minori, o di mafia, ma esclusivamente tutta una serie di altre persone che hanno commesso degli errori e che non per questo non possono risolvere i loro problemi con la giustizia magari trovandosi un lavoro, o sono ancora in attesa di giudizio &n dash; moltissimi in Italia. Inoltre, per le donne madri e i soggetti portatori di gravi patologie viene contemplata l’opportunità di accedere alla detenzione domiciliare nei casi in cui debba essere espiata una pena non superiore ai 4 anni.

A monte c’è sempre il solito problema: il sovraffollamento di istituti di detenzione obsoleti da tutti i punti di vista, infrastrutturali e sociali. Per questo avevo partecipato con interesse alla festa per l’anniversario della fondazione dell’associazione milanese Estia, un gruppo di volontari che lavora nel carcere di Bollate. Associazione e carcere che rappresentano un vero modello e che, per il momento, rimangono un unicum in questo Paese che vuole definirsi civile, ma sul piano dei diritti dei detenuti ancora non lo è.