“Ero carcerato e siete venuti a trovarmi" (Mt.25,36)
In occasione delle prossime festività, nei giorni da Natale a Capodanno, alcuni parlamentari visiteranno gli istituti di pena di varie province italiane. Un’iniziativa promossa da “Argomenti 2000”- Associazione di amicizia politica, per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica su una drammatica emergenza del Paese e compiere un gesto di concreta vicinanza a quella parte della popolazione fatta di uomini e donne che, pur scontando una pena, rimangono a pieno titolo cittadini.
Un autorevole richiamo
Da più parti si levano voci che denunciano i disagi della situazione carceraria e sollecitano l’intervento delle autorità politiche e del Parlamento in particolare. Non ultima, quella del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che, proprio l’8 ottobre scorso, si è rivolto alle Camere per porre «con la massima determinazione e concretezza» – testuali parole – «una questione scottante da affrontare in tempi stretti nei suoi termini specifici e nella sua più complessiva valenza». Nel suo appello il Capo dello Stato ha richiamato la sentenza emessa l’8 gennaio 2013 dalla Corte europea (nota come sentenza “Torreggiani”), che in tutti e sette i casi sottoposti al suo giudizio mediante apposito ricorso, ha accertato la violazione dell'art. 3 della Convenzione Europea dei diritti umani, la quale sotto la rubrica "Divieto di tortura", stabilisce altresì che “nessuno può essere sottoposto a pene o trattamento inumani o degradanti”, quali quelli che nei casi di specie si sono venuti configurando a causa della situazione di sovraffollamento carcerario (principio per altro ribadito dalla nostra Costituzione laddove sancisce che “le pene non devono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità”). Nella citata sentenza, la Corte ha inoltre affermato che "la violazione del diritto dei ricorrenti di beneficiare di condizioni detentive adeguate non è la conseguenza di episodi isolati, ma trae origine da un problema sistemico risultante da un malfunzionamento cronico proprio del sistema penitenziario italiano, che ha interessato e può interessare ancora in futuro numerose persone" e che "la situazione constatata” è “costitutiva di una prassi incompatibile con la Convenzione".Sulle soluzioni, non più rimandabili, contro il "carattere strutturale e sistemico del sovraffollamento carcerario" in Italia, Napolitano ha quindi ricordato il richiamo della Corte alla raccomandazione del Consiglio d'Europa che ci invita "a ricorrere il più possibile alle misure alternative alla detenzione e a riorientare la loro politica penale verso il minimo ricorso alla carcerazione, allo scopo, tra l'altro, di risolvere il problema della crescita della popolazione carceraria".
Situazione carceraria: criticità
Sovraffollamento.
Accanto ai richiami autorevoli e all’intervento della Corte europea, la gravità della situazione carceraria emerge in tutta evidenza anche dai numeri. Stando alle più recenti statistiche al 31 ottobre scorso negli istituti di pena risultano presenti 64.323 detenuti (il 64,9% italiani) – quasi contro 47.668 posti esistenti, per un deficit di 16.655 posti. Se poi pensiamo che 6.000 di quei 47.668 posti sono a loro volta inutilizzabili a causa di manutenzioni o più consistenti opere di ristrutturazione, il sovraffollamento aumenta fino a circa 25.000 unità, peggiorando le condizioni di estrema precarietà (emblematica, ancora una volta, la situazione accertata dalla Corte europea nella sentenza Torreggiani, riguardo ai ricorrenti, ristretti in celle triple con meno di 4 mq – standard minimo previsto – di spazio a testa). Il fenomeno colloca l’Italia al terzo posto in Europa (fonte: Ansa)
Condizioni sanitarie/decessi.
Al quadro già critico sin qui delineato si aggiungono la precarietà dello stato di salute della popolazione detenuta e l’inefficienza del sistema sanitario interno agli istituti di pena, dove si possono inoltre creare paradossi come quello di persone affette da gravi patologie, le quali permangono in stato di detenzione anche in assenza di pericolo di fuga, acuendo, in tal modo, il fenomeno sovraffollamento. La popolazione detenuta è affetta da condizione patologiche in misura ben maggiore rispetto alla popolazione libera: prevalgono le malattie infettive, la cui presenza è particolarmente preoccupante in una comunità chiusa come quella penitenziaria (secondo la Società Italiana di Medicina e Sanità Penitenziaria circa il 22% della popolazione detenuta è affetta dal bacillo della tubercolosi, il 4% dal virus dell’immunodeficienza umana HIV e il 5% dal virus dell’epatite B); frequenti anche le dipendenze e i disturbi psichiatrici, spesso associati ad atti di autolesionismo e suicidi. Il recente passaggio della sanità penitenziaria al Servizio Sanitario Nazionale, in applicazione del principio che un detenuto ha diritto alla tutela della salute al pari di ogni altra persona, è stato realizzato solo in parte e in alcune regioni ha comportato l’acuirsi dei problemi assistenziali che si volevano risolvere. Particolarmente grave, nello specifico, l’assistenza sanitaria sotto il profilo psicologico. Secondo la Società Italiana di Pscicologia Penitenziaria infatti “l’intervento psicologico e criminologico è stato nel 2012, in media, di 28 minuti per detenuto”. Anche questo incide sugli altrettanto allarmanti dati relativi ai decessi in carcere: al 30 novembre, su 142 morti occorse dall’inizio dell’anno, ben 46 sono dovute a suicidi (una media di 4 al mese); quasi 800 invece i suicidi dal 2000 al 2013.
Ospedali Psichiatrici Giudiziari.
In Italia sono ancora aperti – nonostante la legge ne preveda il superamento – 6 manicomi criminali, dove oltre mille persone, responsabili di reati penali e affette da disturbi mentali, sono sottoposte a una misura di sicurezza. La Corte Costituzionale ha più volte dichiarato incostituzionale la non applicazione di misure alternative all’internamento, onde “assicurare adeguate cure all’infermo di mente e far fronte alla sua pericolosità sociale”, rilevando che il ricovero in OPG costituisce una pesante violazione del diritto costituzionale alla tutela della salute. Gli stessi giudici mettono in luce come l’internamento sia dannoso, mentre le cure dovrebbero essere erogate in ambito territoriale. Si ritiene che oltre la metà delle persone oggi internate possa essere sin da subito presa in carico dai Dipartimenti di Salute Mentali dei territori di provenienza. Nel 2010 una Commissione parlamentare denuncia con parole insolite e pesanti, la condizione di vita di questi internati. I parlamentari entrano in questi luoghi e non credono ai loro occhi di fronte a tanto orrore. Il prezioso lavoro porta a una presa di coscienza sul piano generale e su quello politico della questione, tanto da stimolare il varo di una legge che tuttavia stenta ad essere applicata. Inoltre, non avendo potuto affrontare alcune questioni alla radice del problema (Codice Rocco del 1930, revisione dei concetti di imputabilità, pericolosità sociale, misura di sicurezza) la legge rischia di tradursi in una semplice regionalizzazione degli istituti di sicurezza.
Abuso della pena detentiva.
L’elevata propensione alla detenzione preventiva (sono 12.145 i carcerati in attesa di primo giudizio, pari al 18,8% di tutta la popolazione carceraria) e alle carcerazioni per condotte che, ai sensi di leggi come la Bossi-Fini e la Giovanardi-Fini, prevedono la pena detentiva, porta ad affollare i penitenziari di persone che potrebbero essere gestite diversamente, quali i tossicodipendenti (27mila quelli ristretti, secondo i dati ministeriali al 31 ottobre 2013) o alcune tipologie di condannati (6.211 persone pari al 15,5% dei condannati hanno una condanna definitiva inferiore a 2 anni). I condannati in libertà controllata in Italia sono complessivamente 11.643 (10.778 affidati in prova, 865 in semilibertà), contro i 70 mila della Gran Bretagna e i circa 100mila in Francia.
Incidenza sui conti pubblici.
Di fronte a un possibile collasso della nostra economia, occuparsi dei problemi della giustizia non è un diversivo. L’inefficienza della giustizia penale nel suo complesso e dell’ordinamento penitenziario in particolare, infatti, incide negativamente anche sui già disastrati conti pubblici. La stessa Corte di Strasburgo, che condanna l’Italia a trovare una soluzione al problema del sovraffollamento entro maggio 2014, mettendo a punto «un ricorso o una combinazione di ricorsi che abbiano effetti preventivi e compensativi e garantiscano realmente una riparazione effettiva delle violazioni della Convenzione risultanti dal sovraffollamento carcerario in Italia», aggiunge che «se questo non dovesse avvenire, la Corte ricomincerà a esaminare tutti i ricorsi ricevuti dai detenuti, condannando l'Italia a pagare gli indennizzi».
Rinnovamento della politica penitenziaria e ridefinizione del ruolo della pena.
Altri nodi restano da sciogliere con riguardo alla politica penitenziaria, a partire da una concezione condivisa della pena che trovi il suo presupposto nella Carta costituzionale e nelle leggi penali, quale strumento non solo di prevenzione generale ma anche particolare, ai fini dell’individualizzazione (art. 13 c.p.) del trattamento penitenziario e della sua umanizzazione (art. 27, comma 3, Cost.). A tal fine, è opportuno, anzi urgente, passare da una attività legislativa emergenziale a un progetto definito e coerente in cui inserire gli interventi legislativi in un corpus costituzionalmente orientato. Secondo quanto affermato dal capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP) Giovanni Tamburino in un recente convegno a Verona: «Nel 2006, quando i detenuti a livello nazionale erano 61mila, per calmierare il cronico problema delle carceri sovraffollate venne concesso l´indulto. In pochi giorni, furono liberate 20 mila persone. Ma alla fine dello stesso anno oltre 4mila recidivi erano già tornati in carcere, e nel 2008 i detenuti erano quasi 69 mila». Per dire che «spalancare» le porte del carcere non è sufficiente ad arginare il problema se contestualmente non s’investe in percorsi di formazione e reintegrazione sociale già durante l’esecuzione della pena, la cui funzione rieducativa di cui all’art. 27 della Costituzione passa soprattutto attraverso il lavoro. Ma a fronte degli oltre 64 mila carcerati, gli educatori penitenziari sono solo 700. Di qui la necessità improcrastinabile di intervenire anche con leggi che finanzino l’azione pedagogica, in mancanza della quale si corre il rischio di “mettere la pezza” con soluzioni inadeguate e inapplicabili. Contribuisce a questo circolo vizioso la durata dei processi. Dagli ultimi dati della Corte europea dei diritti umani aggiornati al 28 ottobre di quest’anno, l'Italia risulta inoltre seconda solo alla Russia per numero di ricorsi pendenti. I due Paesi hanno rispettivamente 14.550 e 18.750 ricorsi già allocati a una formazione giudicante. Per l'Italia oltre la metà riguardano proprio il ritardo nei pagamenti dei risarcimenti dovuti, in base alla legge Pinto, a chi è stato vittima di un processo durato troppo a lungo (fonte: Ansa 4 novembre 2013). In attesa di giudizio sarebbero 4 persone su 10 .
Proposte possibili
La depenalizzazione di diversi reati avrebbe come effetto diretto un alleggerimento del carico della giustizia penale, senza che ciò costituisca una minore tutela delle collettività; infatti, il nostro codice penale e le singole leggi speciali prevedono una enorme quantità d’ipotesi di reato con pene edittali che nella concreta applicazione sono inferiori a due anni, con la conseguenza che non saranno applicate, potendo il condannato usufruire del beneficio della sospensione condizionale della pena. Per diverse fattispecie penali, in particolare per quelli che prevedono la responsabilità per colpa e non per dolo, il cui disvalore giuridico è anche meno sentito dalla società, si rende necessaria la depenalizzazione con conseguente applicazione di sanzioni amministrative.Per rendere effettiva la pena occorre ridurre l’applicazione delle misure cautelari e fare in modo che la pena sia realmente scontata dal condannato in via definitiva; sarà poi durante l’espiazione della pena che il soggetto in vinculis potrà eventualmente conseguire benefici penitenziari con conseguente riduzione della pena (ad esempio, liberazione anticipata).Importante strumento, sia sotto il profilo dei costi che degli spazi da utilizzare, è quello che prevede la possibilità di espiare la pena in carceri con limitata attività di controllo. Altra possibilità – rara nel nostro ordinamento – è quella delle carceri aperte che facoltizzino il detenuto ad uscire extra moenia alla mattina e fare ritorno alla sera.Bisogna prendere atto che il fine rieducativo della pena, deve avere anche un altro fine, che è quello di diminuire il rientro in carcere dei recidivi; tale obbiettivo si può raggiungere rendendo concreta la possibilità del condannato di lavorare e dove necessario dando una formazione professionale allo stesso.Tema fondamentale è inoltre quello dei detenuti stranieri per i quali bisogna intraprendere percorsi di accordi internazionali di estradizione. Ulteriore capitolo la detenzione domiciliare che, sebbene già prevista, va riconsiderata in una visione più applicativa.Introdurre l’istituto della messa alla prova anche per gli imputati maggiorenni, al fine di offrire a chi ha commesso, per la prima volta, reati non gravi di non subire un processo e una pena, avendo tale norma anche il positivo effetto di ridurre l’attività processuale.Tra gli aspetti più drammatici, seppure a fronte dell'esiguità dei numeri, vi è lo stato di reclusione dei bambini in carcere con le madri detenute. Si tratta, appunto, di piccoli numeri che variano, di anno in anno, tra i 40 ed i 70 bambini, sparsi sul territorio nelle diverse carceri italiane. La difficoltà di risolvere il problema è data tra l’altro dalla mancanza di risorse. Ma è evidente come sia uno dei primi problemi da risolvere proprio perché riguarda minori incolpevoli. Va in tal senso la proposta di legge Fattorini – Manconi depositata al Senato che prevede un piccolo spostamento di risorse dagli ICAM (Istituti carcerari attenuati per madri) alle case famiglia protette per alleggerire la situazione di questi bambini costretti alla vita da detenuto, anche a causa del fatto che madri spesso risultano senza fissa dimora e quindi non ammissibili agli arresti domiciliari.Agli ICAM, strutture interne o comunque collegate alle strutture carcerarie, vanno affiancate le così dette case protette, appartamenti "normali" nei quali le mamme restano sempre in regime carcerario, più blando e i figli possono fare vita normale, socializzando con altri bambini, frequentando asili e altre occasioni di incontro. Con la proposta di legge richiamata si chiede la messa in opera di tre di queste case protette e si è trovata la copertura di un milione per la loro attuazione.Vi è inoltre il problema degli istituti penali per minorenni, veri e propri "contenitori di marginalità sociale", nei quali si trovano praticamente solo " stranieri, rom e ragazzi italiani delle periferie delle grandi città del sud" (dal Rapporto di Antigone “Ragazzi dentro”), la cui presenza testimonia la complessità del lavoro da compiere.
Specifici piani di intervento per specifici obiettivi
Alla luce del quadro sin qui delineato occorre individuare specifici obiettivi e azioni prioritarie, quali:
- Ridurre drasticamente e semplificare le leggi che regolano il processo civile e penale.
- Riformare il sistema sanzionatorio attraverso una strategia che applichi le sanzioni civili, amministrative e penali in misura coordinata, che lasciando la pena carceraria quale estrema ratio abbiano ugualmente il loro effetto deterrente.
- Introdurre l’istituto della messa alla prova anche per gli indagati maggiorenni con la sospensione del procedimento penale.
- Modernizzare le strutture amministrative sia del sistema giudiziario che di quello penitenziario e applicare le tecnologie informatiche per ottimizzare i tempi.
- Rivisitare profondamente le fattispecie di reato con ipotesi di depenalizzazione e/o una nuova gradazione delle pene e delle modalità di esecuzione.
- Individuare strumenti legislativi affinché il fine rieducativo della pena sia non solo principio costituzionale enunciato, ma concreta realizzazione di percorsi carcerari che restituiscono il cittadino alla collettività senza il pericolo della reiterazione dei reati.
- Dare centralità al percorso rieducativo del condannato attraverso il lavoro e la formazione civica dello stesso.
- Affrontare in modo definitivo il tema dei bambini dietro le sbarre.
- Realizzare istituti carcerari attenuati, dove far scontare la pena in tutti quei casi, in cui ciò sia possibile.
- Rendere effettivo il diritto dei condannati ad essere curati, definire regole certe e più celeri per stabilire l’incompatibilità con il carcere, realizzare istituti carcerari attenuati (ICA) dove i detenuti malati possono essere curati, anche utilizzando ordinariamente strutture sanitarie esterne.
- Affrontare il dramma dei suicidi in carcere, offrendo in concreto un supporto psicologico e psichiatrico all’interno delle strutture carcerarie.
- Realizzare più case famiglie per i minori sottoposti all’esecuzione della pena detentiva.
- Ri-considerare gli istituti di indulto e amnistia anche per contenere il sovraffollamento delle carceri.
Una iniziativa e alcune proposte
Per quanto richiamato, i sottoscritti parlamentari si impegnano in prima persona
a sostenere nelle aule parlamentari le soluzioni possibili della questione carceraria e
come gesto simbolico, per esprimere pubblicamente la loro vicinanza, si recheranno nei giorni delle festività natalizie in visita in un carcere presente nel luogo di elezione o di residenza.
1. Maria Amato
2. Sofia Amoddio
3. Renato Balduzzi
4. Alfredo Bazoli
5. Marina Berlinghieri
6. Rosy Bindi
7. Paola Binetti
8. Vincenza Bruno Bossio
9. Giovanni Burtone
10. Rocco Buttiglione
11. Ezio Casati
12. Paolo Cova
13. Erica D’Adda
14. Gianpiero Dalla Zuanna
15. Lorenzo Dellai
16. Carlo Dell’Aringa
17. Nerina Dirindin
18. Emma Fattorini
19. Giuseppe Fioroni
20. Francesco Saverio Garofani
21. Gian Luigi Gigli
22. Gregorio Gitti
23. Lorenzo Guerini
24. Vanna Iori
25. Silvio Lai
26. Raffaella Mariani
27. Mario Marazziti
28. Margherita Miotto
29. Franco Monaco
30. Michele Nicoletti
31. Fitzgerald Nissoli
32. Alessandro Pagano
33. Edoardo Patriarca
34. Serena Pellegrini
35. Stefania Pezzopane
36. Flavia Piccoli Nardelli
37. Teresa Piccione
38. Gaetano Piepoli
39. Ernesto Preziosi
40. Francesca Puglisi
41. Lia Quartapelle
42. Fausto Raciti
43. Roberto Rampi
44. Francesco Russo
45. Giorgio Santini
46. Milena Santerini
47. Mario Sberna
48. Francesco Scalia
49. Gianpiero Scanu
50. Gea Schirò
51. Angelo Senaldi
52. Roberto Speranza
53. Guglielmo Vaccaro
54. Walter Verini
55. Sandra Zampa
56. Giorgio Zanin
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