Carissime e carissimi
vi invio i miei auguri per alcuni giorni di riposo e ne approfitto per consegnarvi un piccolo brano suggeritomi da un lettore delle mie news e che mi sembra possa essere uno spunto di riflessione per questo periodo estivo.
Nel 390-360 a.c. Platone nel VIII libro de “La Repubblica” scriveva…
La sete di libertà
Quando un popolo, divorato dalla sete della libertà, si trova ad avere a capo dei coppieri che gliene versano quanta ne vuole, fino ad ubriacarlo, accade allora che, se i governanti resistono alle richieste dei sempre più esigenti sudditi, sono dichiarati tiranni. E avviene pure che chi si dimostra disciplinato nei confronti dei superiori è definito un uomo senza carattere, servo; che il padre impaurito finisce per trattare il figlio come suo pari, e non è più rispettato, che il maestro non osa rimproverare gli scolari e costoro si fanno beffe di lui,che i giovani pretendano gli stessi diritti, le stesse considerazioni dei vecchi, e questi, per non parere troppo severi, danno ragione ai giovani. In questo clima di libertà, nel nome della medesima, non vi è più riguardo per nessuno. In mezzo a tale licenza nasce e si sviluppa una mala pianta: la tirannia.
Platone