La mafia, 25 anni fa e oggi
Come vi ho già anticipato, a 25 anni dalla strage di Capaci, lunedì 29 maggio, alle 21, al Circolo Pd del Corvetto, in via Mompiani 10, a Milano (citofono 60), si terrà un incontro dal titolo “Le infiltrazioni mafiose a Milano e al Corvetto”. Relatori saranno Marco Satariano, estensore di una tesi di studio sulle infiltrazioni mafiose nel quartiere Corvetto, e David Gentili, consigliere comunale del Pd e presidente della Commissione antimafia del Comune di Milano. A me il compito di moderare un momento di riflessione che vuole continuare a tenere viva la memoria e la lotta alla mafia.
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E proprio questa settimana, alla Camera, abbiamo commemorato i caduti della strage di Capaci. Nel terribile attentato mafioso morirono il giudice antimafia Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Per ricordarli, voglio riportare alcuni passaggi dell’intervento in Aula dell’on. Rosy Bindi, presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere. La parlamentare ha sottolineato come non siano passati invano questi 25 anni che ci separano dalla strage di Capaci e anche da quella di poche settimane dopo di via D’Amelio, in cui perse la vita il giudice Paolo Borsellino, perché, proprio come diceva Falcone, possiamo dire che alla loro scuola abbiamo imparato a guardare dentro, ci siamo affacciati sull’orlo del precipizio, dove nessuno si era voluto avventurare, perch&eacut e; ogni scusa era buona per rifiutare di vedere, per minimizzare, per spaccare il cappello e le indagini in quattro, per negare il carattere unitario di Cosa Nostra. In questi 25 anni alla loro scuola abbiamo imparato a conoscere la mafia, e nessuno oggi può negare che la mafia esista, anche quando cambia luoghi di insediamento, anche quando cambia ambienti dove corrompe, anche quando si sposta geograficamente fuori dall’Italia.
Nessuno può più negarlo grazie a loro, e, grazie a loro, ci siamo dotati di una struttura unitaria altrettanto organizzata per combatterla. Lo hanno fatto la magistratura, le forze di Polizia, la coscienza dei cittadini.
La Bindi ha riconosciuto che è stato importante anche rompere il velo di una certa ipocrisia con la quale, con difficoltà, si è ammesso che sono morti anche perché erano stati lasciati soli e perché erano circondati da grande incomprensione, soprattutto sul tema che riguarda il rapporto tra giustizia e politica. La politica, i partiti devono fare pulizia al loro interno e, anche quando non ci sono i reati, non sottovalutare episodi e fatti inquietanti di cui i loro esponenti si sono macchiati, invitavano i giudici.
Ora è tempo di andare avanti, ha detto ancora la presidente, non con le sterili declamazioni e non confidando sull’impegno straordinario di pochi, ma con il doveroso impegno ordinario di tutti in una battaglia che è innanzitutto di civiltà e che può e deve essere vinta.
Chiudo ricordando una delle frasi simbolo di Giovanni Falcone: “Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini”.
Continue minacce
Questa settimana è stata caratterizzata dalle minacce che hanno subito tre donne, due sindache e una vice sindaco dei comuni della provincia di Milano, che avevano sottoscritto il protocollo di accoglienza per gli immigrati.
Come scrivevo la scorsa settimana, quando manca il rispetto per la persona poi non si distingue più non solo la nazionalità, la religione o il sesso, ogni motivo diventa occasione per imporre il proprio volere senza rispettare chi si ha di fronte.
Credo che già negli anni scorsi l’Italia e il nostro continente abbia vissuto situazioni simili e in altre nazioni sta succedendo ancora adesso.
La persona va rispettata sempre senza distinzioni e chi fomenta questo odio domani troverà altri motivi per incutere paure.
Vigiliamo sulle Apa
In Italia sono in corso le riorganizzazioni delle sedi delle Associazioni provinciali allevatori, in un’ottica di razionalizzazione dei costi, conseguente anche al ridimensionamento delle risorse pubbliche stanziate, avvenuto a inizio 2010. In Lombardia, che è la regione in cui si controlla la metà dei capi italiani iscritti ai libri genealogici, dove maggiore è la presenza di bovini da latte e si effettua il numero più elevato di analisi quantitative, le Apa hanno subito un taglio netto dei fondi, operato dalla Regione, che ha comportato problematiche e difficoltà. Per questo, assieme alla collega Veronica Tentori, avevo presentato un’interrogazione in merito al Ministro per le Politiche agricole, cui è stata data risposta in settimana.
Abbiamo chiesto che il Ministro continui a garantire una ripartizione maggiore sui fondi per Regione Lombardia per le Apa, perché il 41% di tutti i controlli avvengono lì, mentre la ripartizione si ferma al 28% del nazionale. E in effetti la risposta da parte del Governo è stata positiva, ma mi sono rimasti dei dubbi: l’efficientamento e la riorganizzazione messi in atto da Aia, l’Associazione italiana allevatori, non tiene conto dello sforzo fatto in Lombardia e della qualità del servizio che vi si svolge. Quindi si sta andando a penalizzare le organizzazioni provinciali lombarde che già si erano accorpate negli ultimi anni. Se a ciò si aggiunge il commissariamento dell’Apa di Cremona e dell’Associazione allevatori Lombardia Ovest (Aalo), il rischio di penalizzare gli agricoltori è alto.
Per questo ho chiesto al Ministero di vigilare, perché ci sono di mezzo dei finanziamenti pubblici e perché accentrare non vuol dire un miglioramento del servizio per gli allevatori. Anzi, proprio prendendo l’esempio di Cremona che aveva un bilancio in positivo, vanno valorizzate realtà che danno reale efficienza e supporto agli agricoltori. Piuttosto, è meglio intervenire sui comparti di Aia che non funzionano, come la parte di Inseme che continua a perdere soldi e produce pochi vantaggi per gli allevatori. Invece, avere dati certi e un lavoro fatto con qualità, significa un grande risultato non solo per la zootecnia, ma per tutta l’economia italiana.
Quando l’agricoltura è sociale
Mercoledì 7 giugno, alle 16, nella sala stampa della Camera (accesso da via della Missione), assieme al collega Massimo Fiorio, presenterò il volume “L’agricoltura è sociale – Le radici nel cielo: fattorie sociali e nuove culture contadine”. Si tratta di una sorta di guida all’agricoltura sociale in Italia e alle sue storie: studiosi, attivisti della terra, teatranti e contadini raccontano un modello economico e culturale innovativo, che restituisce senso all’esistenza, in base al principio che la terra non discrimina, ma concede i suoi frutti a chi se ne prenda cura. E mi piace ricordare che ho scritto un capitolo del libro.
Intervengono Roberto Brioschi, autore e curatore, Carlo Triarico, presidente Associazione agricoltura biodinamica, Andrea Bomprezzi, sindaco di Arcevia (An).
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Paolo Cova