Non solo Mezzogiorno
Un nuovo decreto per il Mezzogiorno è passato alla nostra approvazione, questa settimana, alla Camera. Il provvedimento prevede interventi urgenti per la coesione sociale e territoriale, con particolare riferimento a situazioni critiche in alcune aree del sud Italia, e contempera esigenze di tutela occupazionale con quelle di salvaguardia ambientale e di prevenzione e monitoraggio della vivibilità, con particolare attenzione ai soggetti più deboli.
In particolare, il decreto apporta modifiche e integrazioni alla disciplina relativa ai contenuti del programma finalizzato al trasferimento dei complessi aziendali della procedura di amministrazione straordinaria del Gruppo Ilva. In questo ambito, le risorse provenienti dalla restituzione dei finanziamenti statali, precedentemente concessi, sono destinate al finanziamento del Piano per attività di sostegno assistenziale e sociale per le famiglie disagiate nei comuni di Taranto, Statte, Crispiano, Massafra e Montemesola (30 milioni nel triennio 2017-2019) e all’acquisizione di beni e servizi necessari alla realizzazione di interventi di ammodernamento medico-diagnostici delle strutture sanitarie pubbliche di questi Comuni (50 milioni di euro per il 2017 e di 20 milioni di euro per il 2018).
Inoltre, il provvedimento stabilisce la figura di un Commissario unico nazionale alla depurazione sia per il Mezzogiorno che per le altre Regioni in ritardo; introduce l’istituzione di una Agenzia di transhipment nel Porto di Taranto e nel Porto di Gioia Tauro; dispone che, nel 2017, il Fondo per le non autosufficienze venga incrementato di 50 milioni di euro; prevede interventi funzionali alla preparazione e organizzazione della Presidenza italiana del G7 nel 2017, evento che si terrà a Taormina.
La Commissione ha introdotto ulteriori disposizioni, tra le quali un correttivo per rendere più efficace e attrattivo il credito d’imposta per gli investimenti al Sud; 100 milioni di euro per la riqualificazione e l’ammodernamento tecnologico dei servizi di radioterapia oncologica di ultima generazione nelle regioni del Sud; 24 milioni di euro per il 2017 per integrare il trattamento economico di 3.500 dipendenti Ilva in cassa integrazione straordinaria; 5 milioni di euro annui, dal 2017 al 2022, per il completamento e l’implementazione della rete immateriale degli interporti; la possibilità di assegnare ai comuni per finalità sociali anche i beni confiscati alle imprese mafiose, e non soltanto ai soggetti mafiosi.
Preveniamo il citomegalovirus
Forse non tutti sanno che il citomegalovirus, definito Cmv, è un virus molto comune e generalmente diffuso della famiglia degli Herpesvirus. Una volta contratta l’infezione, il virus rimane latente all’interno dell’organismo per tutta la vita, ma può riattivarsi in caso di indebolimento del sistema immunitario. Infatti, le infezioni, mentre nella maggior parte degli individui si presentano asintomatiche o con sintomi aspecifici quali febbre, mal di gola, affaticamento e ingrossamento dei linfonodi, negli individui immunodepressi possono causare gravi complicanze, in particolare a occhi, fegato, sistema gastrointestinale e sistema nervoso. Ma soprattutto l’infezione contratta durante la gravidanza e trasmessa al feto può arrecare al bambino danni permanenti, anche gravi, con un maggior rischio di severità della malattia quando la trasmissione avviene nei primi tre mesi.
Difficile da individuare, se non con esami invasivi, come l’amniocentesi o l’analisi del sangue fetale, non si conoscono nemmeno trattamenti prenatali efficaci e sicuri per prevenire la trasmissione madre-feto dell’infezione né per ridurre le conseguenze di un’infezione congenita.
Ecco perché abbiamo approvato una mozione concernente iniziative volte a prevenire e contrastare la diffusione del citomegalovirus, che impegna il Governo ad avviare una campagna informativa capillare, anche attraverso i consultori e i medici di medicina generale, per la conoscenza dei rischi di questa infezione e in particolare di quelli connessi alla interazione tra il citomegalovirus, la gravidanza e gli stati di depressione immunitaria anche transitori, sottolineando il ruolo delle comuni regole igieniche personali, in particolare il lavaggio delle mani, e degli ambienti domestici quali misure preventive alla trasmissione; a promuovere lo studio del citomegalovirus, concorrendo alla ricerca per un vaccino specifico; a valutare l’utilità e la possibilità di predisporre un censimento nazionale dei casi per arrivare ad una precisa definizione dell’incidenza di infezioni; a valutare l’utilità e la possibilità ; di mettere a punto un programma di screening efficace sulle donne in età fertile e in gravidanza al fine di ridurre l’incidenza del citomegalovirus congenito e i conseguenti costi sociali.
Farmaci in stalla: servono controlli
Migliorare l’organizzazione dei servizi di farmaco vigilanza in generale e veterinaria in particolare, per evitare che vengano controllati solo gli allevamenti che cercano di stare in regola. E verificare come mai si parla di carenza di veterinari pubblici quando sono sette volte superiori, per numero, che in altre nazioni dove vi sono il doppio degli animali rispetto all’Italia. Sono le richieste contenute in un’interpellanza al Ministro della Salute che ho presentato questa settimana.
Il punto è sempre lo stesso: nella relazione annuale al Piano nazionale integrato 2015 del Ministero della Salute sulla farmacosorveglianza vengono indicate tutte le attività svolte per verificare la tracciabilità del farmaco veterinario e l’uso corretto negli animali da reddito e da compagnia. Ma la relazione indica un livello minimo di controlli/annuo diversificato a seconda delle strutture interessate per verificare la tracciabilità del farmaco prima di arrivare all’utilizzatore finale e questa relazione indica un livello minimo di controlli/annuo pari al 33% per gli allevamenti di animali da reddito senza detenzione di scorte, mentre deve essere fatto un controllo/annuo per gli allevamenti zootecnici di animali da reddito con scorta di farmaci veterinari.
La giustificazione del mancato raggiungimento del numero minimo di controlli è attribuita a carenze croniche di personale veterinario e amministrativo e a difficoltà di riorganizzazione territoriale. Eppure, in Italia risultano assunti circa 6.500 medici veterinari pubblici dipendenti e altri circa 1.500 medici veterinari assunti come convenzionati dalle Regioni con un patrimonio zootecnico composto da circa 5.800.000 capi bovini, 400.000 capi bufalini, 8.600.000 capi suini, 6.700.000 capi ovini. In Francia, con una popolazione identica alla nostra, risultano assunti circa 900 medici veterinari pubblici dipendenti, con un patrimonio zootecnico composto da circa 19 milioni di capi bovini, 13 milioni capi suini, 7 milioni di capi ovini.
Ecco perché, numeri alla mano, ho chiesto al Ministro della Salute se non ritenga che la tracciabilità del farmaco veterinario negli allevamenti di animali da reddito senza scorte sia troppo bassa visto che i dati indicano che si arrivi a verificare solo il 21% di allevamenti bovini e il 7% di allevamenti di capi suini. Invece, sono stati controllati l’89% di allevamenti bovini con scorte e l’85% di allevamenti suini. A queste verifiche sfuggono il numero maggiore di aziende zootecniche e il maggior numero di capi. Inoltre, se tutti gli allevamenti senza detenzione di scorte siano stati controllati almeno una volta ogni tre anni e se le aziende controllate rappresentano almeno il 40% degli animali da reddito a seconda delle specie ogni anno. Infine, se il Ministero, anche alla luce di questi dati, non ritenga sia necessaria una migliore organizzazione dei servizi di farmaco vigilanza e farmaco sorveglianza veterinari a, visto la diversa consistenza dei numeri di veterinari pubblici dipendenti assunti in Italia rispetto a quello di altre nazioni.
Ricordo che solo pochi giorni fa alla Camera abbiamo approvato una mozione sul tema dell’antibiotico resistenza in cui c’è anche l’impegno per una maggiore tracciabilità e controllo dei farmaci veterinari nelle aziende zootecniche di animali da reddito.
Paolo Cova