Tumori rari: cosa può fare l’Italia
Tra le varie forme di tumore che purtroppo colpiscono l’essere umano, ci sono alcune neoplasie considerate rare in quanto si sviluppano in un numero ristretto di persone. Unica differenza con tutti i tumori è la scarsa diffusione, anche se superano il 20 per cento del totale. Nonostante non sia semplice riscontrare una definizione univoca, viene utilizzata la prevalenza, che la Rete tumori rari indica come soglia di incidenza – numero di nuovi casi in un anno – in 6 casi su 100mila persone. Il numero totale delle persone affette da tumore raro è molto elevato perché sono circa 200 queste forme di neoplasie. In Italia, si stimano in circa 60mila le nuove diagnosi di tumore, ogni anno.
Nel 2016 nasceranno le Reti di riferimento europee (Ern) che saranno le sedi ove si forniranno input per la formulazione delle linee guida, nonché dei criteri per l’accreditamento per la ricerca, la prevenzione e la cura delle malattie rare, cui questi tumori sono associati. È interesse dei pazienti e del nostro Sistema sanitario fare in modo che ci siano centri italiani in grado di ottenere il riconoscimento di idoneità per l’ammissione nelle Reti di riferimento europee. Si potranno così far circolare le informazioni e le competenze evitando le migrazioni ai pazienti.
Perché racconto tutto questo? Perché questa settimana, alla Camera, abbiamo votato una mozione che impegna il Governo proprio su questo fronte e cioè ad assicurare la partecipazione italiana al massimo livello alle Reti di riferimento europee, la revisione dei registri tumori affinché siano evidenziate le informazioni sui tumori rari, la continuità alla Rete tumori rari coinvolgendo le associazioni di malati e di volontari che operano nel settore, ad inserire negli obiettivi di Piano il finanziamento degli interventi per i tumori rari, a dare attuazione alle conclusioni cui è pervenuto il gruppo di lavoro istituito dal Ministero della salute il 14 febbraio 2013 consegnate nel maggio 2015, ed in particolare a potenziare la ricerca e facilitare l’accesso ai farmaci.
Fs privatizzate, ma con calma
Nel Documento di economia e finanza 2014 il Governo aveva manifestato l’intenzione di attuare un piano di privatizzazioni mediante la dismissione di partecipazioni in società controllate anche indirettamente dallo Stato e l’attivazione di strumenti per consentire le dismissioni anche da parte degli enti territoriali. Il Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Graziano Delrio, ha annunciato nei giorni scorsi che una procedura di privatizzazione sarà avviata nei confronto delle Ferrovie dello Stato Spa, specificando che, comunque, non potrà andare oltre il 40 per cento delle quote, perché, in ogni caso, l’infrastruttura ferroviaria dovrà rimanere pubblica e dovrà essere garantito l’accesso a tutti in maniera uguale. Oltretutto il 40 per cento potenzialmente alienabile andrà ad un azionariato diffuso e investitori istituzionali.
Per questo abbiamo approvato una mozione che impegna il Governo ad astenersi nell’immediato dal procedere alla messa sul mercato di quote pubbliche afferenti al gruppo Ferrovie dello Stato italiane Spa, quantomeno fino a quando il Governo non avrà illustrato alle Camere in modo puntuale tutti gli aspetti e i risvolti economici, industriali, occupazionali e sociali conseguenti all’annunciato piano di privatizzazione del gruppo, e a presentare al Parlamento, prima di procedere a qualsiasi iniziativa di alienazione di quote di società direttamente o indirettamente di proprietà dello Stato, una relazione contenente i dati finanziari e industriali degli effetti della alienazione sul bilancio dello Stato e i minori dividendi versati al bilancio dello Stato in conseguenza dell’alienazione.
Le domande sul doping
Questa settimana una notizia ha sconvolto il mondo dello sport: la richiesta di squalifica per 26 atleti italiani, che vedono messa a rischio la loro partecipazione alle olimpiadi di Rio e questo perché avevano mancato nella segnalazione della propria reperibilità. A questo punto, però, mi sembra importante capire due cose che non sono ancora chiare: ai dirigenti del Coni-Nado che dovevano verificare le reperibilità degli atleti dal gennaio 2011 a giugno 2012 non succede niente? Sembrerebbe che i dirigenti del Coni-Nado responsabili del controllo non si siano accorti di quel che succedeva fino all’intervento della Procura di Bolzano. Come mai?
Spero, cioè, che non si voglia far ricadere la colpa sempre e solo sugli atleti, ma si faccia chiarezza anche su quelli che sono i responsabili delle varie procedure. Inoltre, alla nostra interpellanza di gennaio 2015 il Sottosegretario alla Salute aveva risposto che questa vicenda riguardava solo l’atletica e non si sapeva nulla circa gli altri sport. Mi chiedo, allora, se questi dirigenti hanno omesso i controlli anche nel caso delle altre discipline.
Ma le domande che si possono porre non sono finite: ad esempio, mi piacerebbe capire come mai se il sistema di segnalazione dei “whereabout” non funzionava per gli atleti della Fidal, funzionasse invece benissimo per gli altri sport. Ed è una richiesta che pongo perché i vertici dello sport e alcuni atleti si stanno giustificando dicendo che il sistema era un colabrodo. Allora, sembra che negli altri sport gli atleti sono sempre stati tutti bravissimi, non hanno mai sbagliato e le registrazioni avvenivano sempre correttamente.
A questo punto, se il sistema non funzionava, perché non ci sono state segnalazioni di mancate consegne della reperibilità anche per le altre Federazioni? Perché il Coni-Nado non ha notificato queste mancate reperibilità anche per gli altri sport? Perciò, 65 atleti solo della Fidal?
Mi aspettavo altri interventi della Procura Antidoping anche per gli altri sport e invece non è successo niente. Questo certifica che gli altri atleti compilavano benissimo i “whereabout” e non era un “sistema colabrodo”, anzi.
Appare chiaro a tutti che chi doveva controllare non l’ha fatto e non ha fatto rispettare le regole. Il conflitto controllore/controllato presente in Coni-Nado e nelle Federazioni è la causa di quanto avvenuto. Solo una agenzia terza antidoping può sanare il problema.
Capire il Ttip
Del Ttip, il Transatlantic trade and investment partnership, discuterò venerdì 11 dicembre 2015, alle 20.45, nel Circolo Pd di Porta Romana, in via Orti 17, a Milano. Sarò assieme alla europarlamentare Patrizia Toia, vicepresidente della Commissione Industria, ricerca ed energia del Parlamento europeo, al prof. Gustavo Ghidini, avvocato e docente di Diritto industriale, al prof. Michele Salvati, docente di Economia politica, politico e politologo. Modera Alberto Poli, segretario del Circolo che ci ospita. Clicca qui per la locandina.
Cop21 nella vita di tutti i giorni
Ne ho parlato diffusamente nella scorsa newsletter, ma è bene ribadire che in questi giorni, a Parigi, si sta tenendo la Cop21, la conferenza che mette attorno a un tavolo tutti i potenti del mondo per decidere cosa scrivere nel nuovo documento che supererà il Protocollo di Kyoto sui cambiamenti climatici. Ma per noi “comuni mortali” cosa cambia e come possiamo comportarci per salvaguardare la nostra terra, l’ambiente in cui viviamo e, dunque, la nostra salute? Ecco alcuni suggerimenti che vengono dagli amici Ecodem cliccando qui.
Paolo Cova