Non più stranieri, ma nuovi italiani
Li chiamano i nuovi italiani e adesso lo sono davvero: alla Camera abbiamo approvato la nuova legge sulla cittadinanza per i minori figli di stranieri. Ovvero, il primo passo verso l’integrazione degli immigrati e dei loro figli, residenti legalmente in Italia da tanto tempo, e che nel nostro Paese hanno deciso di lavorare, vivere, crescere una famiglia, integrandosi nella nostra società. Ecco le novità.
La nuova legge è rivolta a ragazze e ragazzi nati in Italia da genitori stranieri o arrivati prima del compimento del dodicesimo anno di età che risultino in possesso di alcuni requisiti costitutivi. Quindi, sono stati introdotti due istituti innovativi e distinti che agevolano l’acquisto della cittadinanza per i minori figli di stranieri: si tratta del cosiddetto ius soli temperato, inteso non tanto come luogo di nascita, ma come luogo di radicamento, di integrazione, di crescita, basato sul legame della persona con il territorio, e dello ius culturae che consente l’acquisto della cittadinanza a chi abbia una formazione scolastica in Italia, assimilando ai nati in Italia anche coloro che arrivano prima di compiere i 12 anni.
Quel diritto all’affetto
Il secondo importante provvedimento approvato questa settimana, riguarda la cosiddetta continuità affettiva. La nuova norma ridefinisce il rapporto tra procedimento di adozione e istituto dell’affidamento familiare, allo scopo di garantire il diritto alla continuità affettiva, appunto, con la famiglia affidataria del minore di cui sia dichiarata l’adottabilità. Non si tratta, però, di trasformare l’affido in adozione, ma di tutelare le relazioni significative maturate da un minore in un prolungato periodo con la famiglia affidataria.
Ora si introduce, dunque, nell’ordinamento un principio innovativo: il rapporto affettivo continuato e stabile nel tempo è un bene prezioso, che il legislatore non può non considerare all’interno della disciplina delle adozioni, dove il minore deve essere sempre più al centro dell’attenzione.
E ora il negazionismo è un’aggravante
Da oggi il negazionismo è un’aggravante. Dando il via libera, alla Camera, a una proposta di legge già approvata in prima lettura al Senato, abbiamo fatto in modo che d’ora in poi si punirà con la reclusione fino ad un anno e sei mesi o con la multa fino a 6mila euro chiunque faccia propaganda di idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. In maniera analoga, con la reclusione da sei mesi a quattro anni viene punito chi, in qualsiasi modo, istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza. Vengono vietati, inoltre, organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi aventi tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza sempre per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi: chi vi partecipa, chi li promuove o li dir ige è sanzionabile con pene detentive (nel primo caso da sei mesi a quattro anno, negli altri due da uno a sei anni).
Inoltre, viene introdotto un aggravamento della pena nei casi in cui la propaganda, la pubblica istigazione e il pubblico incitamento all’odio si fondino “in tutto o in parte sulla negazione della Shoah ovvero dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra”, come definiti dallo Statuto della Corte penale internazionale.
Per una sanità migliore
Con una mozione approvata in Aula, abbiamo impegnato il Governo a intervenire per definire una completa e corretta funzionalità del sistema sanitario nazionale, assumendo iniziative per aumentare le risorse economiche del fondo sanitario per il 2016 già a partire dal prossimo disegno di legge di stabilità. Inoltre, a garantire l’entrata in vigore in tempi rapidi e comunque entro la fine del 2015 dei nuovi livelli essenziali d’assistenza, nonché del nomenclatore tariffario delle protesi e degli ausili; a proseguire nell’attuazione del Patto della salute firmato tra le Regioni e il Governo nel luglio 2014, anche sollecitando i tavoli di lavoro insediati a portare a termine i compiti loro assegnati; a proseguire sulla strada dell’appropriatezza delle prestazioni sanitarie, favorendo il cambiamento culturale, l’aggiornamento dei professionisti, nonché la collaborazione tra medici di famiglia e specialisti, rinviand o, dopo un periodo di sperimentazione e di monitoraggio di due anni, la definizione delle misure sanzionatorie nei confronti dei medici che dovessero prescrivere prestazioni inappropriate; a predisporre ogni iniziativa atta a sbloccare il turn-over ed a superare il precariato sia nel settore medico che in quello infermieristico.
Renzi e l’Italia che ha ragione
In vista del Consiglio europeo che si è tenuto a metà settimana, il Presidente Matteo Renzi è venuto alla Camera a illustrare la situazione e quale sarebbe stata la posizione italiana in seno agli organismi europei. Il tema caldo toccato è stata, naturalmente, la questione dell’immigrazione.
A distanza di sei mesi dal Consiglio europeo straordinario dell’aprile 2015, richiesto dall’Italia dopo il terribile naufragio di 700 immigrati, sulla questione dell’immigrazione l’Italia ha avuto ragione, l’Europa no. L’Italia aveva colto la complessità del problema con un approccio non legato all’isteria del momento, ma ad una visione strategica. E mentre il nostro Paese ha sostenuto fin da subito che era tempo di cambiare la politica dell’Unione europea su questi temi, solo oggi Francia e Germania riconoscono un principio molto semplice: l’Accordo di Dublino è finito. Non lo è formalmente, non lo è tecnicamente, ma dovrà essere modificato.
Ora qual è la politica strategica che abbiamo sul Mediterraneo e nel Medio Oriente? Per l’Italia il Mediterraneo è il cuore dei prossimi decenni di sviluppo dell’Italia e dell’Europa. Il Mediterraneo è il centro, con tutti i pro e tutti i contro, la Siria e i suoi conflitti, il blocco terroristico per primi. Tuttavia, non si risolvono i problemi internazionali con soluzioni spot, ma costruendo occasioni di dialogo e di confronto, le più ampie possibili.
Doping: le dimissioni che fanno pensare
Una notizia di questi giorni dovrebbe far saltare sulla sedia il mondo dello sport: le dimissioni del professor Fabio Pigozzi dalla Commissione per la vigilanza e il controllo sul doping e per la tutela della salute nelle attività sportive del Ministero della Salute. Non è un atto da sottovalutare, ma il segnale dell’insopportabile conflitto tra controllore e controllato nel sistema antidoping italiano. La deroga al Regolamento Wada, fatto nel 2007 per istituire sia la Commissione che la Coni-Nado, sta mostrando tutti i suoi limiti. La richiesta di molti deputati che si risolva questa vicenda con una agenzia terza a questo punto diventa urgente.
Un esempio è il silenzio della Procura antidoping che si era attivata celermente dopo la mia interpellanza parlamentare sui 65 atleti che non avevano dato la reperibilità, ma dopo le prime audizioni tutto è finito nel nulla, sperando che ci dimenticassimo di loro. Se ci fosse indipendenza tra controllori e controllati, le risposte ci sarebbero state subito e alcuni atleti non sarebbero andati alle Olimpiadi di Londra!
E la domanda che mi pongo è: la terzietà della Coni-Nado e della Procura Antidoping, visto che siamo in prossimità delle Olimpiadi di Rio, è simile a quella di Londra 2012?
Cun, il Ministero intervenga
Ho aderito a un’interrogazione sulla Cun, le Commissioni uniche nazionali in agricoltura. Nelle disposizioni urgenti in materia di rilancio dei settori agricoli in crisi, è stato introdotto un articolo che prevede norme per la trasparenza nelle relazioni contrattuali nelle filiere agricole. In particolare, dispone, in presenza di commissioni uniche nazionali, la sospensione dell’autonoma rilevazione, da parte delle borse merci locali, riguardante le categorie merceologiche per cui sono state istituite le Commissioni uniche nazionali.
A oggi risultano costituite solo due Cun, sui conigli e sui suini, ma risulterebbe ancora mancante la norma ministeriale che dovrebbe definire le modalità di funzionamento delle Cun e individuare criteri per assicurare adeguata rappresentanza e partecipazione nelle medesime, agli imprenditori provenienti dai territori nei quali i settori di riferimento sono più significativi. Inoltre, risulterebbero difficoltà di funzionamento delle Cun già costituite.
Al Ministro dell’Agricoltura chiediamo se sia a conoscenza di tutto questo e quali iniziative abbia intrapreso o intenda intraprendere in merito.
Ricetta veterinaria, digitalizzata ma complicata
Il Ministero della Salute ha dato il via libera al sistema informatizzato per la digitalizzazione e la tracciabilità dell’intera filiera dei medicinali veterinari e alla sperimentazione dell’utilizzo della ricetta elettronica anche per gli animali.
Con il nuovo sistema i veterinari non dovranno far altro che introdurre i dati del medicinale prescritto utilizzando tablet, smartphone o un pc tradizionale. Ma la ricetta semplificata rischia di non essere tale per chi opera su singoli animali all’interno delle stalle piccole, per le scorte di farmaci degli allevamenti zootecnici e anche per quanto concerne gli animali da compagnia. Anzi, la novità rischia di far aumentare la percentuale di proprietari che nemmeno acquista il farmaco.
Per questo ho presentato un’interrogazione in cui chiedo se il Governo è a conoscenza delle criticità inerenti la questione delle prescrizioni per singolo animale e se non intenda valutare l’opportunità di verificare l’introduzione di alcune modifiche finalizzate a rafforzare la tracciabilità del percorso del farmaco, piuttosto che creare una gestione complessa e onerosa per tutti senza certezze di efficacia in settori in cui né chi prescrive, né quanto è prescritto ricade sui bilanci pubblici.
Vaccinarsi è un obbligo. Verso gli altri
Si fa un gran parlare, in questi giorni, della questione dei vaccini. Dopo essere intervenuto pubblicamente sul tema, ho aderito e firmato una proposta di legge che chiede misure per il rafforzamento delle coperture vaccinali.
Il pdl parte dal presupposto che le vaccinazioni della popolazione sono una misura preventiva di grande importanza e che l’efficacia dei vaccini è proporzionale alla loro diffusione. È necessaria una larga copertura vaccinale affinché vi possano essere benefici per un’intera collettività in termini di miglioramento della salute generale, di riduzione delle malattie infettive e della conseguente mortalità.
L’obiettivo della legge sarebbe, dunque, quello di intervenire affinché le campagne vaccinali in Italia non perdano la loro efficacia per effetto del tasso vaccini sempre più basso. Nel dettaglio si vieta l’accesso alle scuole dell’obbligo o agli esami a quanti siano sprovvisti del certificato di vaccinazione. Si prevede che il Ministero della Salute e le Regioni promuovano annualmente una campagna di sensibilizzazione alla vaccinazione, ostacolando le informazioni errate e le false notizie. Si rendono obbligatorie le vaccinazioni infantili contro il morbillo e la pertosse.
Paolo Cova