Quanto latte in polvere rigenerato all’estero, dalla Germania in particolare, viene poi importato in Italia e immesso sul mercato, soprattutto sotto forma di prodotti lattiero-caseari? Questa situazione potrebbe tenere in scacco i produttori italiani di latte, costretti a scendere sul prezzo, indicizzandolo a quello tedesco. È la tesi contenuta, e su cui chiedono chiarimenti, nell’interrogazione, rivolta al Ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina, degli onorevoli Paolo Cova e Giorgio Zanin, parlamentari del Pd.
E per stanare chi pratica questo fenomeno, Cova e Zanin chiedono una sorta di impegno: “Chi vuole fare formaggi con latte in polvere non teme di sicuro il parere dei consumatori: allora scriva a chiare lettere sulle confezioni che il loro prodotto è fatto con quel tipo di materia prima. In questo modo il consumatore potrà scegliere consapevolmente”.
Anzi, costoro, secondo Cova e Zanin, “dovrebbero farsi promotori di un’indicazione di provenienza che riporti se viene usato latte fresco oppure cagliate o semi lavorati, o ancora latte rigenerato da latte in polvere importato dall’estero. Ecco perché è importante sapere, e lo chiediamo al Ministro Martina, quanto latte rigenerato da latte in polvere viene importato dall’estero per essere trasformato”.
Nel documento si chiede, su un doppio binario di verifica e controllo, sia “se la verifica immediata da parte della Guardia di Finanza dei contratti sottoscritti dai ‘primi acquirenti’ e allevatori rispetti le norme previste da art. 62 per evitare che ci siano ancora contratti non sottoscritti o con accordi solo verbali”, oltre ai “passi che intende fare il Ministero nei confronti delle aziende acquirenti che non rispettano l’art 62”, sia “quanti controlli, negli anni 2013 e 2014, sono stati eseguiti su latte importato in Italia per verificare che non fosse latte rigenerato e che esito hanno dato”.
E sulla questione strettamente connessa ai cosiddetti ‘primi acquirenti’ che sembra non abbiano sottoscritto un contratto con i produttori, disattendendo l’art. 62, i due parlamentari Pd chiedono di “conoscere in tempi rapidi quanti non hanno fatto contratti in forma scritta nei mesi scorsi e ora vogliono ricorrere alla retroattività, pratica non consentita e sanzionabile”. E ipotizzano: “Che sia un maldestro tentativo di indicizzare per un anno al latte tedesco?”.
Roma, 7 luglio 2015