Mille giorni con Renzi
Riforme, prima di tutto quella elettorale, lavoro, giustizia. Entro febbraio 2018, sapendo che si può interrompere tutto anche prima. Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ha presentato alle Camere i suoi “mille giorni”, elencando senza dubbi cosa c’è da fare in questo lasso di tempo che non è lungo come sembra, vista la situazione in cui versa il Paese. Per questo ha precisato che non si tratta di un “un modo per perdere tempo” o “un tentativo di dilazionare”, lettura che ha bollato come “grottesca e ridicola”. Anzi, per Renzi è “l’ultima chance per recuperare il tempo perduto e per pareggiare i conti. È il cartellone di recupero che si espone a fine partita”, ha detto con la sua solita metafora efficace.
Disponibile a perdere consenso pur di fare le riforme, il presidente ha messo in fila le sue priorità: “Serve una nuova legge elettorale subito non per andare a elezioni, ma perché una ennesima melina istituzionale sarebbe un affronto”. E la “legge elettorale si fa ascoltando: nessuno può pensare di averne una sua”.
Sul tema del lavoro, Renzi è stato altrettanto chiaro: “Non possiamo perdere un minuto di più perché questo è un mondo del lavoro basato sull’apartheid: non c’è cosa più iniqua in Italia di un diritto del lavoro che divide i cittadini in serie A e serie B. Al termine dei mille giorni non potrà esserci ancora la situazione che c’è oggi”. E sappiamo quale dibattito sta innescando in queste ore il Jobs Act.
L’obiettivo, dunque, è tornare a crescere, partendo dal numero di occupati: “Dobbiamo rovesciare e reimpostare la scommessa politica ed economica del nostro Paese”. Anche con un fisco “meno caro e più semplice, attraverso una strategia condivisa di riduzione fiscale e del carico delle tasse sul lavoro, rivedendo l’Irap”. E con una riforma della giustizia che “deve cancellare il violento scontro ideologico del passato”.
Ma tutto questo va affrontato subito e senza paura. Perché, come ha detto il presidente, “Se perdiamo, non perde il Governo: perde l’Italia”.
Quei voti per i giudici
Questa settimana, alla Camera, abbiamo avuto 4 votazioni per l’elezione dei giudici della Corte costituzionale e del Consiglio superiore della magistratura. Mentre per quest’ultimo si stanno quasi completando le nomine, per i giudici della Corte costituzionale siamo ancora in alto mare.
Il ritiro della candidatura di Antonio Catricalà sembrava aver spalancato le porte a un accordo, ma così non è stato. Ci sono ancora problemi che, nonostante i tentativi di allargare la platea dei partiti favorevoli, non si riescono a risolvere. Ormai siamo in una situazione di stallo e credo che si renda necessario un cambio di strategia e di persone da candidare.
Questo ci dice che una modifica della struttura dello Stato, con l’abolizione del Senato e il consistente premio di maggioranza nella legge elettorale, fa presupporre che gli organi di garanzia vadano rafforzati e resi sempre più indipendenti. Partendo da questa considerazione, forse sarà necessario ripensare la nuova strategia.
Secessionismo? Un’illusione
Il Regno Unito e tutta l’Europa sono stati interessati dal referendum promosso in Scozia per la richiesta di indipendenza. L’esito è ormai noto a tutti, ma mi sembra importante fare una considerazione su questa vicenda.
La richiesta di separazione e di indipendenza sorge forte in alcuni territori e abbiamo visto le spinte che ci sono state nelle ultime elezioni europee anche per uscire dal Sistema Europa. Tuttavia, mi viene da pensare che sia facile sostenere di essere capaci di andare avanti da soli, ma poi la vita di tutti i giorni si scontra con difficoltà che devono per forza di cose essere affrontate insieme.
La realtà del mondo che ci circonda, dimostra che è pura illusione ipotizzare che si possa “vivere da soli”. Al contrario, servono continue relazioni ed è necessario fare gruppo e comunità.
Lea e incentivi: chiediamo risposte
Ho sottoscritto due interrogazioni di altrettante colleghe che toccano temi particolarmente sensibili. Nel primo caso, si chiede a Governo e Ministeri competenti se non intendano assumere iniziative urgenti per monitorare l’effettiva e puntuale erogazione dei Lea, i livelli essenziali di assistenza, per quanto riguarda l’assistenza domiciliare, semiresidenziale e residenziale delle persone non autosufficienti, già sancita dalla legge e confermata dalla Corte Costituzionale. E si vuole sapere quali interventi intendano promuovere per assicurare le prestazioni ai malati, considerato che vi sono delle comprovate criticità nell’erogazione del servizio.
Nella seconda interrogazione si parla dell’Irpef applicata alle somme corrisposte in occasione della cessazione del rapporto di lavoro, per coloro che hanno goduto dell’esodo incentivato, cioè i dipendenti che avevano superato i 50 anni, per le donne, e i 55, per gli uomini.
Molti di costoro sono coinvolti in un estenuante contenzioso con l’Agenzia delle entrate per vedersi riconosciuto il diritto al rimborso delle maggiori somme trattenute dal datore di lavoro su quelle corrisposte al dipendente a titolo di incentivo alle dimissioni. E il punto del contendere sono i termini di decadenza per la presentazione dell’apposita istanza. Al Ministro dell’Economia e delle finanze si chiede quale sia il suo orientamento proprio in merito a questo termine.
Paolo Cova