Care colleghe e cari colleghi,
ho appena rassegnato le mie dimissioni da Consigliere Comunale al
Presidente del nostro Consiglio. Ci ho pensato molto dopo la mia elezione
al Senato, per la quale ho ricevuto da tutti voi parole affettuose di stima
e incoraggiamento. Molti, dentro e fuori quest’aula, mi hanno chiesto di
rimanere e di garantire così anche attraverso una presenza il rapporto tra
questo Consiglio e il Parlamento, rapporto di cui abbiamo sentito tutti, al
di là delle appartenenze politiche, la mancanza. E questo nonostante la
presenza di colleghi di Giunta e di Consiglio con incarichi parlamentari.
Non lo sottolineo con spirito polemico, ma per evidenziare il fatto che la
sola presenza non basta. Abbiamo visto negli ultimi 7 anni alternarsi un
governo con tanti ministri lombardi che hanno fatto ben poco per la nostra
città e viceversa un governo – quello di Prodi- che ha garantito
investimenti per opere strutturali strategiche per il suo sviluppo, la
candidatura e la vittoria di Milano per EXPO 2015.
Oggi si è aperta una nuova stagione, con un nuovo governo, con tanti
ministri milanesi e lombardi, ma già sentiamo altre priorità nazionali.
Nonostante le mie dimissioni quindi l’impegno che prendo con chi mi ha
eletto nelle liste del PD, con i colleghi del mio gruppo e con tutti voi, è
di essere una senatrice “milanese”e autonomista, mantenendo stretti
rapporti di lavoro con la città e le sue istituzioni.
L’incarico che ho ricevuto alla Commissione Affari Costituzionali in
particolare mi permetterà di affrontare molte delle questioni che stanno a
cuore a quest’area del Paese: riforme istituzionali, snellimento
burocratico, federalismo fiscale; ma anche
sicurezza, casa e così via. Mi conoscete e sapete che cercherò di svolgere
coerentemente il mio ruolo di opposizione con un profilo chiaro. Tuttavia
proprio in quella Commissione sarà possibile verificare se e come alla
volontà di apertura e collaborazione seguiranno i fatti. Ma riforme
condivise non nasceranno io credo solo
se i vertici delle rispettive forze politiche troveranno un accordo. Quello
in fondo non sarebbe difficile se ci fosse la volontà. Quello veramente
difficile, la vera sfida che abbiamo davanti, è che queste riforme siano
utili al Paese, condivise, frutto anche di una ricomposizione unitaria di
una società che sembra frantumata in corporazioni, interessi, fortezze
territoriali, tutte realtà apparentemente in contrasto insanabile; e
soprattutto siano in grado di restituire fiducia tra cittadini nelle
istituzioni e nella politica.
In questo senso intendo la rappresentanza territoriale, come strumento
necessario – non ci sono infatti scorciatoie – alla costruzione di un nuovo
senso di interesse nazionale.
Ma di tutto questo avremo tempo se vorrete di parlare. Ho proposto a molti
eletti dei diversi schieramenti di organizzarci come milanesi non con
spirito campanilistico – anche se un po’ di lobbismo meneghino non farebbe
male – ma per verificare se c’è davvero un punto di vista comune, al di là
della retorica dei modelli ambrosiani o lombardi.
Una prima occasione sarà la legge speciale per EXPO. Credo che dovrà essere
una legge coerente con gli obiettivi del Dossier che ci ha permesso di
vincere: che esalti il ruolo delle istituzioni locali anche nelle funzioni
gestionali, che confermi gli impegni di cooperazione internazionale, che
permetta la partecipazione alle scelte dei cittadini e delle loro
rappresentanze, che punti sull’innovazione e la ricerca nel campo della
salvaguardia ambientale ed energetico, che mantenga tutti gli impegni
economici del Governo precedente.
A proposito di EXPO permettetemi una considerazione: abbiamo detto in
tanti che può essere una straordinaria occasione per Milano di crescita e
di riscoperta di un ruolo nazionale e internazionale. Ne resto convinta. Ma
tutto questo non riusciremo a raggiungerlo se ci occuperemo solo di
Malpensa, delle infrastrutture, dello stesso ambiente, di compatibilità
economiche e tempi di realizzazione. E ho citato cose che considero
importantissime. Avremo davvero qualcosa da “far vedere” agli altri se ci
cimenteremo con spirito nuovo sui temi della solidarietà e della coesione
sociale interetnica e intergenerazionale, sulla qualità della vita nelle
nostre periferie, sulla formazione dei giovani e degli adulti, con la
pazienza delle piccole buone prassi che creano cultura diffusa e senso
comune. Milano non può tollerare baraccopoli, tantomeno può tollerare
razzismo e spedizioni punitive. Se lo facesse avrebbe già perso.
Tornando alle mie dimissioni, credo che siano un giusto passaggio di
coerenza con la richiesta di non cumulare incarichi – come prevede tra
l’altro lo Statuto del Partito Democratico – e che siano una risposta, per
quanto piccola e personale, all’esigenza, da parte di quelli della mia età,
di lasciare ruolo e possibilità di crescita ai giovani e alla formazione di
una nuova classe dirigente.
Sarei ipocrita se vi dicessi che mi dispiace di essere in Senato, ma
lasciatemi dire con altrettante schiettezza che sono convinta che non ci
sia nulla di più bello, di più formativo, per chi ha passione politica, che
cimentarsi in questo Consiglio e con questa complicata, affascinante città.
Auguri di buon lavoro, grazie per gli anni passati insieme, scusate
qualche mia intemperanza e qualche tono da maestrina. Non vi libererete
comunque facilmente di me.